L’Editoriale

Un ricordo di Nemer Hammad

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione:30 settembre 2016

Ho scritto ieri della scomparsa di Shimon Peres, oggi mi raggiunge la notizia di Nemer Hammad, Delegato dell’OLP e poi Ambasciatore dell’Autorità Nazionale palestinese dal 1974 al 2005, in seguito autorevole Consigliere del Presidente Palestinese Mahmoud Abbas.

Con Nemer (così l’ho sempre chiamato) ho avuto un rapporto molto stretto, nella mia qualità di responsabile prima europeo e poi internazionale lombardo, poi di responsabile nazionale per il Medio Oriente e il Mediterraneo, del PCI (e successive trasformazioni), tra l’82 e il ’93, anno nel quale sono uscito da quel partito. Ed anche, a partire dall’89, nella mia qualità di Direttore del CIPMO – Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente.

Nell’82 mi ero appena trasferito a Milano, da Ascoli Piceno, dove pure avevo lavorato per oltre 10 anni nel PCI, e avevo da poco avviato quel lungo lavoro di ricomposizione tra PCI e sinistra ebraica italiana, che ha portato a modificare radicalmente le posizioni del PCI, da una posizione prevalentemente unilaterale e filopalestinese ad una posizione più equilibrata, più attenta alle ragioni e al diritto di Israele ad esistere. Un Lavoro svolto prima con Aldo Tortorella, poi con Giorgio Napolitano, poi con Piero Fassino.

Erano gli anni in cui organizzavo i primi incontri tra palestinesi e israeliani, ed anche tra palestinesi ed ebrei italiani, stando attento a mantenere le necessarie distinzioni tra questi due livelli, insieme a tanti giovanissimi amici, come Emanuele Fiano e Stefano Jesurum. Poi, alla fine degli anni 80, arrivai a concepire il progetto di fondare il CIPMO.

Andavo spesso a discutere con Nemer Hammad nel suo ufficio in Via Nomentana, e lui mi accoglieva con amicizia e interesse. Forse lo preoccupava anche questa mia invasione di campo, che andava a turbare sfere di influenza da lui saldamente stabilite nella sinistra italiana in tanti anni, ma capiva che c’era qualche cosa di interessante e nuovo che si poteva aprire, e mi offriva tempo e spazio per discutere insieme. Soprattutto fu sempre favorevole a questo lavoro di dialogo che portavo avanti, a livello locale e nazionale, e nel 2000 arrivò a proporre insieme all’Ambasciatore di Israele dell’epoca, Yehuda Millo, che la Regione Lombardia mi conferisse il Premio per la Pace, come poi avvenne.

I miei rapporti con lui d’altronde suscitavano sospetti anche nel mondo ebraico, cui io appartengo. Una volta, avendolo accompagnato, nella mia veste di responsabile internazionale del PCI lombardo, dal Questore di Milano, per la questione dei visti agli studenti palestinesi che vivevano in città, fui accusato da un giornalucolo della destra ebraica di essere “Afflitto dal complesso di Donna Celeste del Porto”, che era una prostituta romana che durante l’occupazione nazista segnalava sul ponte del Ghetto gli ebrei ai tedeschi.

Nemer svolse anche una funzione essenziale per promuovere la nostra prima Conferenza Internazionale tra israeliani e palestinesi nell”89, che segnò la fondazione del CIPMO, tenendo i contatti con Tunisi e garantendo una composizione equilibrata della delegazione palestinese. In quella conferenza venne rotto il tabù imposto dalla allora vigente legislazione israeliana, che vietava ai cittadini del paese di incontrare rappresentanti ufficiali dell’OLP: al termine della Conferenza, che ebbe una grande eco internazionale, Yassser Abed Rabbo, portavoce dell’OLP, partecipò ad una conferenza stampa insieme a Lova Eliav e Shulamit Aloni, membri della Knesset, parlando insieme della pace possibile.

Per lui feci anche io qualcosa. Nel ’95, in seguito ad un incontro a Gaza con Arafat, del tutto fortuito, scrissi l’articolo unico di una legge, che poi fu approvata in Parlamento, in cui si riconosceva l’ANP come uno Stato, ai fini dei rapporti economici con la Palestina, il che rese possibile stabilire rapporti più profondi di cooperazione stabile con quell’area e non solo di dono, e contemporaneamente si stanziavano 500 milioni annui per pagare l’affitto dell’Ambasciata a Roma, per coprire il quale le difficoltà si erano rese insopportabili.

Negli anni seguenti, quando si trasferì a Ramallah come Consigliere di Mahmoud Abbas,nel ’96 mi aiutò a organizzare l’incontro tra il Sindaco di Milano, Gabriele Albertini e la delegazione da lui capeggiata, e lo stesso Presidente Abbas, un incontro che anche l’amico Antoni Ferrari, giornalista del Corriere presente all’incontro, ha raccontato nel suo libro di memorie. Fu quella l’ultima volta in cui ci siamo incontrati, anche se abbiamo mantenuto talora contatti telefonici.

Era un uomo attento, acuto osservatore, molto umano e capace di comprendere gli altri, anche se certo lo faceva, giustamente, per portare avanti il suo lavoro e difendere gli interessi del suo popolo. A me ha insegnato molto, ed è una parte importante di questi 35 anni che ho dedicato a questo sogno che oggi sembra essere diventato quasi impossibile: la pace tra uno Stato di Israele e uno Stato di Palestina, che vivano l’uno a fianco dell’altro e non l’uno al posto dell’altro. Pare di essere tornati a quei tempi lontani, dell’inizio degli anni ’80, quando si iniziavano ad annodare i nodi di un dialogo che oggi va ricreato, pur se è sempre più difficile farlo.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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