L’Editoriale

Mediterraneo. Se la pace può venire dal gas

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 22 ottobre 2016

Le imponenti risorse di Gas, scoperte negli ultimi anni al largo delle coste del Mediterraneo Centro-Orientale, possono divenire un fattore catalizzatore di nuovi rapporti di cooperazione a livello regionale ed anche sul piano bilaterale, e consentire una collaborazione nuova e più ampia con l’Europa, in un Medio Oriente che appare oggi totalmente boccato, afflitto da conflitti incancreniti come quello israelo-palestinese, e punteggiato da pericolosi focolai di crisi, in Siria, in Iraq, in Libia, nello Yemen?

Sono queste le domande al centro del Convegno internazionale “Cooperazione Regionale e Sviluppo delle Risorse Energetiche nel Mediterraneo Centro-Orientale”, promosso in questi giorni al Senato da CIPMO, in collaborazione con IAI, sotto l’egida del Ministero degli Esteri e con il determinante supporto di ENI ( sfoglia la Galleria fotografica dell’evento).

La scoperta di Zohr, l’imponente giacimento di Gas scoperto dall’ENI al largo delle coste egiziane, il più grande mai scoperto nel Mediterraneo, con 850 miliardi di metri cubi che equivalgono a 20 anni di indipendenza economica dell’Europa, è stato ovviamente al centro dell’attenzione.
In un’intervista a tratti persino emozionante, apparsa sul New York Times, proprio lo stesso giorno del Convegno, l’AD di ENI Claudio Descalzi descrive le difficoltà, le sfide e i contrasti interni, la mancanza di collaborazione da parte di altre compagnie, ma anche la strategia e la visione che hanno portato la grande compagnia energetica italiana ad accettare la sfida, riuscendo là dove altre grandi compagnie internazionali avevano fallito.

Così li ha efficacemente sintetizzati nel suo intervento al Convegno Pasquale Salzano, il Vice Presidente Esecutivo e Direttore per gli affari istituzionali di ENI: “La scoperta è il frutto di una precisa strategia seguita dalla società in partnership con le autorità egiziane. Eni è intervenuta in quella zona per una sua indubbia capacità esplorativa, ma anche perché è riuscita ad impostare, d’intesa con il governo egiziano, una strategia di sviluppo energetico ed anche del più ampio tessuto economico e sociale del paese. L’enorme dimensione – ha proseguito Salzano, non costituisce la sola unicità della scoperta. Per la sua conformazione questo giacimento infatti può essere messo in produzione molto velocemente, ed inoltre può utilizzare infrastrutture energetiche e pipeline già esistenti nel paese e attualmente non sfruttate”.

In realtà, come è emerso chiaramente, le risorse di Zohr saranno utilizzate prevalentemente per il mercato interno egiziano, ma il loro sfruttamento può essere l’elemento catalizzatore che consente di rendere economicamente vantaggioso lo sfruttamento degli altri giacimenti scoperti al largo delle coste israeliane e di quelle cipriote, mettendoli per così dire in rete, e consentendo di raggiungere una massa critica di risorse tale da consentire una diversificazione della stessa bilancia energetica europea, creando altresì una rafforzata cooperazione economica tra le due parti del Mediterraneo, su una base di parità e di reciproco vantaggio.

Ma proprio in questa interdipendenza così stretta sta la sfida maggiore: i rapporti tra i maggiori player della Regione, Egitto, Israele, Turchia, le due Cipro, Grecia, ed anche il Libano e perfino Gaza sono molto diversificati e spesso controversi: se i rapporti tra Egitto e Israele sono più che buoni, ed hanno visto negli ultimi mesi un ulteriore salto di qualità (superando iniziali timori israeliani per la concorrenza che Zohr poteva porre rispetto ai loro giacimenti), anche la recente riconciliazione tra Israele e Turchia ha trovato una delle sue essenziali motivazioni nel bisogno turco di soddisfare le sue esigenze di rifornimento energetico, in forte crisi a causa della rottura con la Russia per l’abbattimento del suo aereo (rottura d’altronde superata poco dopo). Inesistenti sono al contrario i rapporti tra l’Egitto e la Turchia, che non ha riconosciuto il nuovo regime del Generale Al-Sisi, nato dalla deposizione del precedente Presidente Morsi, espressione della Fratellanza Musulmana cui si richiama anche il Partito di Erdogan, l’AKP.

Sono note poi le storiche ragioni di dissidio tra Grecia e Turchia, che coinvolgono le due parti in cui ancora oggi è spaccata Cipro. Ma proprio da quell’isola giungono le notizie più positive: i due nuovi leader Nikos Anastasiades (greco-cipriota) e Mustafa Akinci (turco-cipriota), cooperano strettamente e stanno procedendo a tappe forzate verso una soluzione federativa, che consentirebbe una riunificazione dell’isola, marcando la loro autonomia rispetto ai paesi di riferimento, Grecia e Turchia. Anche qui, l’esigenza di uno sfruttamento congiunto delle risorse scoperte è un potente catalizzatore per superare l’antica e radicata rivalità.

Un altro sistema cui si è guardato con attenzione per promuovere la cooperazione è quello di triangolazioni interconnesse: quella già consolidata tra Israele, Grecia e Cipro può affiancarsi a quella tra Grecia, Cipro e Egitto, che può interloquire contemporaneamente con Israele e con il Libano (ed anche con il Regime al potere a Gaza), che tra loro non hanno rapporti; così come dalla ripresa dei rapporti della Turchia con Israele, che ha ottimi rapporti con l’Egitto e con la Grecia, può forse derivare in futuro un ravvicinamento tra Grecia e Turchia, e tra Turchia ed Egitto. Il business, quindi, come rompighiaccio di rivalità e incomunicabilità radicate, come fattore di movimento in un quadro che può sembrare immobile e disperante.

In questo panorama, chi si muove con fatica e lentezza è ancora una volta l’Europa, che tarda a riconoscere la nuova centralità che il Mediterraneo sta assumendo, troppo spesso paralizzata dalle sue divisioni interne: “L’Europa – ha sottolineato il Presidente della Commissione Affari Esteri del
Senato, Pier Ferdinando Casini nel suo saluto introduttivo – non ha ancora capito che il tema del Mediterraneo è importante e fondamentale per il proprio futuro e che deve quindi sviluppare una vera politica di vicinato verso quell’Area”.

Armando Barucco, capo dell’Unità di Analisi del Ministero degli Esteri, ha evidenziato un altro fattore, la crescente interconnessione con l’Africa: “Il Bacino mediterraneo – ha affermato – è sempre più un hub non solo per la crescita europea ma anche per quella del continente africano. Ed è proprio in questo Mediterraneo allargato che l’Italia può e deve giocare le proprie carte”.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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