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L’Analisi

Ma Gheddafi non ci sta

di Eric Salerno

Data pubblicazione: 3 febbraio 2011

La pretesa sorpresa data dai moti tunisini e algerini, seguiti a ruota in un modo ancora più violento dalla rivolta egiziana, costituisce l’elemento più sconcertante dell’intera vicenda. Era evidente a tutti – diplomatici e cancellerie, oltre ai giornalisti – che i regimi erano in difficoltà. E non da pochi anni. La repressione e la corruzione di presidenti, leader vari e governi, sostenute o tollerate dai governi occidentali in nome della stabilità regionale e, ovviamente, dell’esigenza di poter accedere comodamente alle fonti energetiche e ai mercati arabi, non potevano non portare alla rivolta popolare. Era soltanto questione di tempo.

Analizzando gli eventi delle ultime settimane, viene ovviamente da chiedersi se avranno un effetto tsunami sull’intera regione nord-africana e mediorientale. E – ma questo costituisce un discorso a parte – se ne sentiremo gli effetti anche in luoghi distanti dallo scacchiere a noi più vicino. Non c’è dubbio che esiste nei popoli arabi una volontà di cambiamento. Da anni, la lettura dei blog – importantissimi in paesi dove la libertà di stampa è limitata e comunque controllata – consente di capire quali sono le spinte popolari. Forse non tutti chiedono forme di democrazia all’Occidentale, ma tutti invocano maggiori libertà individuali, una ridistribuzione del benessere, la fine della corruzione radicata ormai nella vita quotidiana delle società. All’opposizione, forze laiche affiancano i movimenti islamici, seppure in netto contrasto tra di loro. Mentre i blog danno spazio alla voce dei primi, le moschee portano avanti, probabilmente con maggiore successo, quella dei gruppi che, come nel passato e non soltanto nel mondo islamico, hanno trovato nella religione la forza per condurre battaglie di liberazione nazionale. Sia verso l’oppressore esterno che, quando necessario, contro quello interno. Purtroppo, come insegna il caso palestinese con la vittoria di Hamas contro i laici di Fatah, la colpa della vittoria dei gruppi islamici è spesso dei laici stessi.

Dove scoppierà la prossima rivolta? In Libia i segnali di un conflitto interno sono palesi. Muammar el Gheddafi gestisce la sua Giamahiria da oltre trenta anni. E dopo anni di contrasti con l’Occidente è diventato, nuovamente, un “amico”. Le grandi compagnie petrolifere sono tornate a perforare nel deserto. Un boom edilizio e turistico sta trasformando il volto del paese. Il contenzioso con l’Italia è chiuso e la Banca centrale di Tripoli puntella banche e industrie italiane in crisi. Con la liberalizzazione del commercio è cambiata anche la realtà quotidiana dell’uomo della strada. Ma non basta. E lo ha capito, uno dei figli di Gheddafi, Sief al Islam.

La Spada dell’Islam è un laico. Sa che non bastano i grandi alberghi a modernizzare il suo paese. Purtroppo le sue richieste di riforme sostanziali, all’inizio sostenute anche da Gheddafi padre, si sono scontrate con la potente burocrazia dello stato. Seif si è visto chiudere il suo giornale. I suoi giornalisti riformatori sono finiti in carcere per qualche giorno. La voce del dissenso è stata azzittita. Ma per quanto? Probabilmente alla maggioranza dei libici non interessa la mancanza di libertà di stampa ma quella stessa maggioranza, formata soprattutto da giovani alla ricerca di un futuro nuovo, comincia a rifiutare l’egemonia di una classe dirigente corrotta.

Nei giorni scorsi, Gheddafi ha elogiato Ben Ali e il suo regime. Ha anche ipotizzato un intervento – militare? –  libico per rimettere al potere il dittatore. Il tutto in nome della stabilità e della lotta contro l’estremismo islamico. Anche se l’eventuale ascesa dei movimenti islamici può preoccupare, è venuto il momento per l’Occidente di farsi da parte e lasciare ai “sessantottini” locali di agire. Come ha scritto un editorialista del quotidiano israeliano Haaretz, se vogliamo un nuovo ordine regionale e maggiore stabilità, dobbiamo sostenere le richieste di cambiamento interno che potrebbero venire, presto, anche da altri stati della regione.

NOTE SULL'AUTORE 

Eric Salerno

Giornalista, inviato speciale, esperto di questioni africane e mediorientali, è corrispondente de Il Messaggero. Con il Saggiatore ha pubblicato Uccideteli tutti! (2008), Mossad base Italia (2010), Rossi a Manhattan (2013) e a marzo 2016, Intrigo.

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