L’Editoriale 

Islam che fare

di Janiki Cingoli, Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 9 gennaio 2007

Il decalogo di proposte sull’Islam in Italia e in Europa, da noi avanzate con la collaborazione di alcuni tra le più autorevoli personalità che si occupano di questi problemi, rappresenta lo sviluppo conseguente di una elaborazione e di un percorso avviati con il Convegno Islam in Europa. Islam europeo organizzato nel 2005 dal CIPMO, su impulso del Comune di Milano, di cui con questa newsletter mettiamo a disposizione gli atti. Si tratta, senza dubbio, di un corpus di materiali importanti, che viene posto a disposizione, oltre che degli studiosi,  degli opinion maker e dei decision maker.

L’Islam rappresenta oramai, dopo il Cristianesimo nelle sue diverse confessioni, la seconda religione in Europa e in Italia e non può quindi essere visto come un fenomeno “altro”, esterno, da contenere o da contrastare. Dell’Europa esso è parte, e le questioni che la sua presenza pone attengono alle dinamiche complessive dello sviluppo civile e sociale del continente.

Il focus prescelto, quello della nuova e sempre più rilevante presenza islamica in Europa, ha consentito di scandagliare la problematica nei suoi diversi aspetti, culturali, sociali, giuridici ed educativi, cercando sia di analizzare a fondo la situazione esistente, sia di individuare le tendenze possibili.

Il binomio Islam in Europa – Islam Europeo mette l’accento specificamente su questo possibile divenire della realtà islamica del nostro continente, se cioè l’ambiente europeo possa avere influenza sullo stesso percorso identitario di questo Islam, producendo fermenti di adattamento, maturazione, trasformazione, arricchimento, possibile contaminazione di culture e civiltà.

I processi di osmosi culturale e ideale, infatti, non sono mai a senso unico. Come la civiltà europea viene influenzata intimamente dalla presenza così estesa di cittadini e di residenti di fede musulmana, così l’ambiente europeo, le sue tradizioni culturali e politiche, il pluralismo che caratterizza le sue società, esercitano una influenza certo non secondaria sugli sviluppi del pensiero islamico, sia in Europa che nelle limitrofe aree culturali.

Le religioni, infatti, non sono corpi immobili ed impermeabili al contesto in cui si sviluppano, e molti oggi cominciano a parlare di un Islam europeo, in qualche modo effetto della presenza di masse così estese di musulmani in Europa, e comunque portato e riflesso della tradizione e della cultura europee sul pensiero islamico.

L’Islam, dunque, come fenomeno interno all’Europa, non solo fattore di pressione e sfida esterne. Costitutivo, insieme alle più antiche radici cristiane ed ebraiche, della odierna identità del continente. Un processo che con la possibile futura integrazione della Turchia nella UE potrebbe assumere dimensioni ancora più rilevanti, come ha reso ancora più evidente la recente e così importante  missione di Papa Benedetto XVI in quel paese.

Ma contestualmente questo nostro Islam è parte dell’Islam globale, e quindi il rapporto con esso è parte di una più complessiva interlocuzione di mondi, civiltà, religioni.

L’Islam Europeo può quindi essere ponte e interprete per favorire il dialogo tra Europa e Islam globale, come può essere veicolo e amplificatore del disagio di quelle minoranze islamiche che si sentono emarginate o che rifiutano l’integrazione. Un disagio che può arrivare fino all’atto terroristico, all’identificazione con il modello qaedista.

Le bombe sulla metropolitana di Londra, la rivolta delle banlieues parigine, il contagio globale scaturito dalle vignette satiriche danesi, le razioni al discorso papale di Ratisbona, ci dicono bene le possibili derive cui il nostro mondo, la società europea si trovano a fare fronte.

Rispetto a tali rischi, va certo bandito ogni atteggiamento buonista o di superficiale condiscendenza, garantendo il necessario rigore nel prevenire e se necessario reprimere degenerazioni sempre possibili.

Ma la sfida, il metro di misura essenziale, sono rappresentati in primo luogo dalla costruzione di una convivenza tra cittadini eguali, cui sia garantito il rispetto delle rispettive identità, insieme alla prospettiva di una piena e se necessario assistita integrazione sociale, in particolare per quanto riguarda la sempre più larga componente di immigrazione recente; ed in secondo luogo  da un approccio che alle diverse fedi religiose (ed anche a coloro che religiosi non sono), alle diverse identità e culture assicuri una uguaglianza reale; ma che si proponga anche la necessaria permeabilità e la reciproca contaminazione, la più larga possibile, in modo che queste identità non divengano monadi chiuse ed autoreferenziate, in un processo di compartimentazione rigida e di sostanziale segmentazione e tendenziale rottura della società e  della struttura civile.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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