L’Editoriale

Da Bolzano a Nazareth

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 24 aprile 2013

Pare certo strano immaginare che ci sia un nesso tra i ricchi cittadini tedeschi del Sud Tirolo – Alto Adige e gli arabi israeliani di Nazareth o di Haifa. Già negli anni scorsi, nel 2008 e nel 2010 erano state organizzate missioni a Bolzano di esperti e amministratori israeliani, ebrei e arabi, per studiare quella esperienza. Nei giorni scorsi, come Direttore del CIPMO, ho accompagnato in Israele una delegazione della Provincia di Bolzano, guidata dal Presidente Louis Durnwalder, che ha incontrato il sindaco di Nazareth (alla cui Accademia in costruzione ha donato un macchinario) e con quello di Haifa, e ha tenuto seminari alle Università di Haifa e di Gerusalemme.

“Quando ci si confronta con situazioni come questa in Israele – riflette Dunwalder – non si può non pensare a quanta strada abbiamo fatto in Europa, nel garantire il rispetto delle minoranze. Siamo stati fortunati, in Sud Tirolo, che il nostro problema sia stato affrontato in un contesto europeo, e che a confrontarsi siano stati due paesi come l’Italia e l’Austria, democrazie rispettose delle minoranze. La nostra situazione oggi è molto avanzata: forse non si può parlare di modello, ma certo la nostra esperienza può essere utile anche per altri paesi, come Israele, dove esiste una forte minoranza araba.” Quella tedesca, in effetti, è una minoranza che non solo gode di uguali diritti come cittadini italiani, ma anche di specifici diritti aggiuntivi, “positivi” è stato detto, in quanto minoranza e a “tutela” della sua identità, secondo quanto sancito dall’articolo 6 della stessa Costituzione Italiana.

“Io penso in particolare – aggiunge il Presidente della Provincia di Bolzano – che, a partire dal riconoscimento collettivo della nostra minoranza, ci siano elementi specifici, nella nostra esperienza, che possono essere tenuti presenti: come l’uso paritario delle due lingue, il rispetto e la promozione delle rispettive identità culturali, la gestione delle scuole, la garanzia della presenza proporzionale nel pubblico impiego e nelle stesse rappresentanze elettive e naturalmente la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per realizzare questi presupposti.”

La minoranza arabo-israeliana, al contrario, si trova di fronte a gravi problemi, sia in termini di uguaglianza di diritti, che di identità complessiva, in uno Stato che si definisce ebraico e vuole essere riconosciuto come tale dagli Stati arabi e a livello internazionale.

La popolazione arabo-israeliana è a tutti gli effetti una minoranza etnica, parte di una popolazione originaria preesistente alla stessa nascita dello Stato. Ha teoricamente uguali diritti rispetto agli altri cittadini: nella Dichiarazione di Indipendenza dello Stato di Israele, del Maggio 1948, si faceva appello “Agli abitanti arabi di Israele di ritornare sulla via della pace e di svolgere la loro parte nella costruzione dello Stato, sulle basi di una piena e eguale cittadinanza e con la dovuta rappresentazione in tutti i suoi organismi e istituzioni – provvisori o permanenti”.

Permangono tuttavia gravi ineguaglianze in relazione ai finanziamenti di cui fruiscono i municipi arabi, agli accessi ai più alti livelli dell’istruzione, alle possibilità di lavoro e di carriera. Ma soprattutto essa non gode di alcuna forma di riconoscimento collettivo, in quanto minoranza. La teorica uguaglianza di diritti uguali per gli arabi non impedisce alla maggioranza di trovare le vie per emarginarla e renderla secondaria.

Essa, inoltre, è periodicamente sottoposta ad attacchi, volti a circoscriverne gli spazi e a metterla sotto pressione, come la proposta di rendere obbligatoria una “dichiarazione di lealtà” allo Stato ebraico, per accedere ai diversi benefici pubblici, che era stata avanzata alla Knesset nella passata legislatura, o la proposta di abolire l’arabo come seconda lingua ufficiale dello Stato, che è stata avanzata in questi mesi. Proposte destinate ad arenarsi, ma che creano allarme e tensioni.

Naturalmente, vi sono anche grandi differenze tra le due situazioni. I tedeschi dell’Alto Adige sono circa 300.000 e costituiscono circa l’ 0,50% della popolazione italiana, mentre gli Arabi israeliani sono circa 1.500.000 e rappresentano circa il 20% della popolazione (rappresentano anche il 20% del della popolazione palestinese totale, fuori e dentro Israele). Ciò rende d’altronde ancora più urgente e ineludibile affrontare il loro problema.

L’altra differenza è che la questione degli arabi israeliani è anche parte del più complessivo conflitto israelo-palestinese. “Facciamo parte di uno Stato che è in guerra con il nostro popolo”, sintetizza il Sindaco di Nazareth, Ramiz Jaraysi, all’inizio del nostro incontro. La situazione non potrà quindi essere del tutto stabilizzata se non all’interno di una soluzione complessiva del conflitto e la creazione di uno Stato Palestinese, al fianco di Israele, cui gli arabi israeliani potrebbero fare riferimento per soddisfare il proprio senso di identità nazionale, come gli ebrei della diaspora con Israele.

Ma ogni pace sarebbe monca se prescindesse dalla condizione della minoranza araba israeliana. Il suo riconoscimento in quanto minoranza e la sua tutela pare l’unica soluzione intermedia, l’unico “compromesso” percorribile, se si vogliono evitare improbabili tentativi di assimilazione forzosa o ancor più pericolose derive fondamentalistiche.

“Certo, si tratta di un processo lungo -conclude Durnwalder – Noi ci abbiamo messo 60 anni e qui in Israele sono ancora ai primi passi. Il punto di partenza, per la maggioranza, non può che essere il raggiungimento della consapevolezza che le minoranze interne non sono un pericolo da controllare e contenere, ma possono anche essere una ricchezza per tutta la società, da riconoscere, promuovere e tutelare, come sancisce la nostra Costituzione italiana. E che questa è la via per rafforzare davvero la stessa unità del paese. La minoranza a sua volta deve essere convinta di ciò e deve battersi per i suoi diritti, ma deve accettare insieme il fatto di essere una minoranza, che anche la maggioranza deve essere riconosciuta in quanto tale e che con essa si deve convivere.”

Questo articolo è stato pubblicato sul blog di Janiki Cingoli sull’Huffington Post

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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